" I DISCORSI PIU' VERI SONO QUELLI CHE FACCIAMO PER CASO, TRA SCONOSCIUTI."

Cesare Pavese Dialoghi con Leucó

Per ordinare o richiedere informazioni
clicca QUI scrivendo  il titolo del libro
NON TI MUOVERE

di  Margaret Mazzantini
Ed. Mondadori 2001  pag. 295

(usato)










''Mi ero fermato lì, su quello spiazzo di asfalto spruzzato di sabbia, oltre un filare di oleandri. Guardavo il cancello accostato e, tra le sue grate, la casa. Il tetto di ardesia e le mura bianchissime, impregnate di fosforescenza nel nitore di quella luce appena nata. Non ero entrato in casa, ero rimasto in macchina a intirizzirmi di umido. C'era stato un salto di tempo, non so quanto lungo, in cui forse mi ero assopito. L'utilitaria di Elsa era parcheggiata sotto la tettoia di canne. Il suo corpo era fermo sul letto, ignaro di me. Spiavo le cose che l'alba svelava, il filo da stenditura vuoto, le nostre biciclette addossate al muro. Ora nel cielo, insieme ai primi bagliori di sole, avanzava un celeste intenso. In quella purezza tutto era estremamente visibile. Se la notte mi aveva protetto, la luce, restituendomi alle cose, mi restituiva a me stesso. Allungai il collo nel piccolo rettangolo di specchio e ritrovai la mia faccia. La barba era cresciuta senza che io me ne accorgessi.


IL POETA
di  Michael Connelly
Ed. PIEMME
1999
pag. 497


"Quella notte, nella mia camera d'albergo, mi guardai a lungo nello specchio ma non mi tagliai la barba e neppure i capelli. Continuavo a pensare a Sean sotto il terreno gelato e sentivo un nodo in gola. Decisi che quando sarebbe giunto il mio momento mi sarei fatto cremare. Non volevo finire laggiu', sotto il ghiaccio.
Ma quello che mi rodeva era il suo messaggio. La versione ufficiale della polizia era la seguente: lasciato lo Stanley Hotel, mio fratello aveva attraversato in macchina l'Estes Park risalendo fino al lago Bear, e qui aveva fermato l'auto di servizio lasciando motore e riscaldamento accesi. Quando il calore aveva appannato il parabrezza, lui vi aveva scritto il messaggio con un dito guantato. Lo aveva scritto rovesciato, in modo che si potesse leggerlo dall'esterno. Le sue ultime parole, rivolte a un mondo degli affetti che comprendeva i due genitori, una moglie e un fratello gemello.
Fuori dallo spazio. Fuori dal tempo."

L'AMICO RITROVATO
di  Uhlman Fred
Ed. Feltrinelli
1996
pag. 92








''Non ricordo esattamente quando decisi che Konradin avrebbe dovuto diventare mio amico, ma non ebbi dubbi sul fatto che, prima o poi, lo sarebbe diventato. Fino al giorno del suo arrivo io non avevo avuto amici. Nella mia classe non c'era nessuno che potesse rispondere all'idea romantica che avevo dell'amicizia, nessuno che ammirassi davvero o che fosse in grado di comprendere il mio bisogno di fiducia, di lealta' e di abnegazione, nessuno per cui avrei dato volentieri la vita. I miei compagni mi sembravano tutti, chi piu' chi meno, piuttosto goffi, degli svevi sani, insignificanti, privi di immaginazione. Nemmeno gli appartenenti al ''Caviale'' facevano eccezione. Erano ragazzi simpatici e io andavo abbastanza d'accordo con tutti. Ma cosi' come non ero animato da particolari simpatie nei confronti di nessuno, nemmeno loro sembravano attratti da me. Non andavo mai a casa loro ne' loro venivano mai a trovare me. Un altro motivo della mia freddezza, forse, era che avevano tutti una mentalita' estremamente pratica e sapevano gia' cosa avrebbero fatto nella vita, chi l'avvocato, chi l'ufficiale, chi l'insegnante, chi il pastore, chi il banchiere. Io, invece, non avevo alcuna idea di cio' che sarei diventato, solo sogni vaghi e delle aspirazioni ancora piu'  fumose. Volevo viaggiare, questo era certo, e un giorno sarei stato un grande poeta.''

LA LUGER DEL CAPITANO HARALD
di Claudio Ferro 
Ed. A&B
2013
pag.143







''Don Alessandro uscì dalla chiesa; si era rivolto al l'Altissimo appena era iniziato il rastrellamento e alla fine la sua sofferta preghiera aveva dato i frutti: non soltanto Dio gli aveva indicato la giusta via ma, soprattutto, lo aveva fornito del coraggio necessario per portarlo a termine.
- Capitano, potrei parlarvi? -
Harald rabbrividì di piacere per la seconda volta nella stessa mattinata, mentre si domandava per quale arcano in quell'insignificante villaggio vi fosse una concentrazione di dignità così superiore alla media.
Si girò e inquadrò il parroco: sorrise, pensando che forse era la sottana a dare a quei montanari gli attributi che dovrebbero esseri propri di un uomo.
- Dite pure, padre. -
- Se cercate il colpevole del massacro dei vostri uomini, lo avete davanti: sono stato io. -
- Davvero siete stato voi? - chiese Harald,  avvicinandosi al prete.
Il religioso annuì; con un fulmineo scatto del piede, il capitano fece cadere il bastone di legno che Don Alessandro usava per sostenersi: il prete stava per cadere, ma, prontamente, Harald lo sostenne, mentre con uno sguardo ordinò a uno dei suoi di raccogliere il bastone.
- Scusate, padre: non volevo mancare di rispetto alla veste che indossate. - disse l'ufficiale. - Ma la vostra mancanza di rispetto verso la mia intelligenza mi ha costretto a tanto. - ''