LA TRAGEDIA DELLE "FOIBE"
Pallante Pierluigi
su licenza di Editori Riuniti
2008
pag.271
Per 40 giorni Trieste fu amministrata dalla Jugoslavia, dopo essere stata "liberata" dal nazifascismo, secondo un punto di vista, oppure fu "occupata" dalla Jugoslavia, secondo un'altra visione politica. E' il periodo delle deportazioni e delle "foibe".
Già il termine "foiba" ("fossa") fa scattare l'immagine di un rovesciamento totale di valori. La foiba è un tipo di dolina ed è una depressione frequente nei terreni calcarei, dovuta a fenomeni carsici, costituita da un avvallamento a forma di imbuto sul fondo del quale si trova un inghiottitoio (fessura): è quindi una spaccatura del terreno, una voragine naturale, che può raggiungere anche centinaia di metri di profondità, con un'apertura larga invece pochi metri, ed è molto diffusa in Istria. Era il luogo in cui si usava gettare quello che non serviva più o quello che era pericoloso conservare, carcasse di animali, mobili, tracce di furti, cadaveri: gettare un uomo in una foiba significava quindi trattarlo come un rifiuto. Significava anche l'ignoto, l'annullamento dell'esistenza: la morte, anche la più terribile, può essere accettata se almeno c'è una tomba che raccoglie le spoglie e una lapide che ricorda la vita trascorsa.
Le foibe, inserite nel contesto della lunga storia di violenze subite da sloveni e croati, contribuirebbe una reazione, come brutale resa dei conti, compiuta da popolazioni oppresse nei confronti dei loro oppressori. Questa analisi è sicuramente corretta, ma non spiega tutto il fenomeno: trascura infatti, oltre alla dimensione internazionale del problema, il legame tra vicende giuliane e criteri di costruzione del comunismo in Jugoslavia. Pulizia etnica quindi, ma soprattutto epurazione politica, e molte vendette personali. Tutto questo non dimenticando il ruolo di moltiplicatore degli odi politici svolto nella Venezia Giulia dallo scontro nazionale.
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