" I DISCORSI PIU' VERI SONO QUELLI CHE FACCIAMO PER CASO, TRA SCONOSCIUTI."

Cesare Pavese Dialoghi con Leucó

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TUTTA COLPA DI UN LIBRO

Shelly King 

Garzanti  2015 pag. 244












"I libri di Star Wars erano popolarissimi tra la clientela della Dragonfly, quindi sarebbe venuto da pensare che Jason li mettesse davanti, in bella vista. Invece li aveva ficcati nella fila inferiore dell'angolo più remoto della sezione, lontano dallo sguardo casuale di un cliente che voleva solo curiosare. Se qualcuno gli chiedeva dove fossero, Jason si avviava lentamente verso gli scaffali mentre rivolgeva domande tipo: "Cosa significa la sigla TIE in "caccia stellare TIE"?" Oppure: "Qual era lo scopo della Città delle nuvole?". Chi rispondeva  correttamente veniva accompagnato subito da Jason al suo tesoro e otteneva uno sconto. Chi rispondeva in modo sbagliato era sommariamente inviato nella giusta direzione e quando si perdeva le sue grida di aiuto venivano ignorate. E poi c'era Grendel, il cui posto preferito per sonnecchiare era da qualche parte in quella zona, quindi i malcapitati dovevano guardarsi anche dal rischio di perdere un arto. Ma io avevo un vantaggio mentre mi dirigevo verso i libri di Star Wars. Sapevo esattamente dove si trovava Grendel, addormentato in un cantuccio che Jason aveva ricavato per lui nella quarta fila, circa ad altezza spalle, appena sotto la serie di Conan il barbaro. Con la coda dell'occhio - non era mai una buona idea incrociare lo sguardo diretto di Grendel a meno che si avesse a portata di manu una sacca del proprio sangue - lo vidi raggomitolato e all'erta. Indossavo un paio di guanti da sci e, appena lui fece per darmi una zampata, lo afferrai. Ci fu un gran miagolare mentre correvo verso il retro del negozio e lo lanciavo fuori dalla porta di servizio, vicino ai bidoni della spazzatura."
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LA VITA PRODIGIOSA DI ISIDORO SIFFLOTIN

Enrico Ianniello
Feltrinelli 2015 pag. 272










Sulla caviglia dello stivale Italia, là dove sta l'osso pezzillo, nasce il nostro eroe, Isidoro Sifflotin. Nella casetta di Mattinella, che sta su da trecento anni e "non crollerà mai", il prodigioso guagliunciello Isidoro affina una dote miracolosa, ricevuta non si sa come da Quirino - il padre strabico, poetico e comunista - e da Stella, la mamma pastaia. Qual è questa dote? La più semplice: Isidoro sa fischiare, e fischia in modo prodigioso. Con il suo inseparabile merlo indiano Alì dagli sbaffi gialli, e l'aiuto di una combriccola stralunata, crea una lingua nuova, con tanto di Fischiabolario, e un messaggio rivoluzionario comincia magicamente a diffondersi. Proprio quando il progetto di un'umanità felice e libera dal bisogno sta per prendere forma, succede qualcosa che mette sottosopra l'esistenza di Isidoro. "Tutto quello che cresce si separa": con addosso questo insegnamento di mamma Stella, Isidoro, ormai ragazzo, scopre Napoli e si imbatte, senza neanche rendersene davvero conto, in un altro linguaggio prodigioso e muto: quello dell'amore.
"Chi non ha sofferto, canticchia. Chi  ha sofferto, canta!"


VINCITORE   PREMIO CAMPIELLO OPERA PRIMA 2015

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LA MAPPA


Vittorio Giacopini
Il Saggiatore 2015 pag. 336








Monti, laghi, colline, forre, fortilizi e contrafforti, borghi, strade, slarghi; vedere tutto, come se si fosse per aria, e tutto rappresentare in una mappa, con dettagli minuti, badando a distanze, rilievi, proporzioni: squadrare il mondo, illuminarlo, dargli ordine. E' questo l'obiettivo di Serge Victor, ingegnere-cartografo al seguito di Napoleone durante la Campagna d'Italia. Figlio esemplare dei Lumi, nemico di fole balzane e superstizioni, adepto dell'"Encyclopédie" di Diderot e d'Alambert -alle cui parole si aggrappa con una devozione non lontana dal fideismo che la Rivoluzione si era incaricata di smantellare -, Serge Victor riceve l'ordine dal Generale in persona di riprodurre i corsi e i ricorsi della Campagna, di fermare su carte e nel tempo i nuovi confini d'Italia, che il demiurgo Napoleone, N., l'Imperatore, va ridisegnando e riplasmando, sempre più a suo piacimento. Così, mentre il còrso conquista la penisola e, non pago, invade l'Egitto, Serge lavora alla sua magnum opus, in compagnia di uno scalcinato poeta tutto sdegno e fervore e dell'ammaliatrice Zoraide, la sua Maga, che della ragione rappresenta il doppio, il sonno, e prefigura l'assedio portato ai Lumi dalle sotterranee pulsione che, nella Storia come nell'animo dell'uomo, non conoscono sapore.


FINALISTA  PREMIO CAMPIELLO 2015

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SENTI LE RANE

Paolo Colagrande

Nottetempo 2015 pag, 336












Al tavolino di un bar, Gerasim racconta a Sogliani la storia di un terzo amico seduto poco più in là, ed è una storia molta avventurosa. Ebreo convertito al cattolicesimo per chiamata divina, Zuckermann prende i voti e diventa "il prete bello" di Zobolo Santaurelio Riviera, località balneare di "fascia bassa": agli occhi dei fedeli passa per un santo, illuminato, alacre e innocente. Ma un pomeriggio di fine estate, mentre intorno al suo nome diventano sempre più insistenti le voci di miracoli, a Zuckermann si offre la visione della Romana, la figlia diciassettenne di due devoti parrocchiani. Da lì in poi, fra pallidi tentativi di espiazione, passioni e gelosie, cui fanno da contrappunto le vaneggianti digressioni di Gerasim e Sogliani, dall'Uomo vitruviano agli etologi fiamminghi, dagli asceti di Costantinopoli all'Ikea, da Rossella O'Hara all'olio di nespolo babilonese, lentamente si consuma una tragedia sentimentale che travolge l'intera comunità...


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CADE LA TERRA

Carmen Pellegrino

Giunti 2015 pag, 224










Alento è un borgo abbandonato che sembra rincorrere l'oblio, e che non vede l'ora di scomparire. Il paesaggio d'intorno frana, ma soprattutto, franano le anime dei fantasmi corporali che Estella, la protagonista di questo intenso e struggente romanzo, cerca di tenere in vita con disperato accudimento, realizzando la più difficile delle utopie: far coincidere la follia con la morale.
Voci, dialoghi, storie di un mondo chiuso dove la ricchezza e la miseria sono impastate con la stessa terra nera. Capricci, ferocie, crudeltà, memorie e colpe di un paese di "nati morti" che si tormenta  nella sua più greve contraddizione: voler essere strappato alla terra pur essendone il frutto. 
Cade la terra è un romanzo che acceca con la sua limpida luce gli occhi assonnati dei morti: sembra la luce del tribunale della storia, ma è soltanto il pietoso tentativo di curare le ferite di un mondo di "vinti", anime solitarie a cui non si riesce dire addio perché la letteratura, per Carmen Pellegrino, coincide con la loro stessa lingua nutrita di "cibi grossolani". Seppellirli per sempre significherebbe rimanere muti.
Ma c'e' orgoglio e dignità in queste voci, soprattutto femminili. Tornano in mente  le migliori pagine di Mario La Cava, Corrado Alvaro e Silvio D'Arzo: prose appenniniche petrose ed evocative, come di pianto ricacciato in gola, la presa d'atto dell'impossibilità d'ogni epica.
Cade la terra è tassello romanzesco importante della grande letteratura meridionale novecentesca. Che venga pubblicato ora, in altro secolo, è solo la dimostrazione che gli orologi non sempre indicano l'ora esatta. 
(Andrea Di Consoli)


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IL TEMPO MIGLIORE DELLA NOSTRA VITA

Antonio Scurati

Bompiani 2015 pag. 267











Leone Ginzburg rifiuta di giurare fedeltà al fascismo l'8 gennaio 1934. Pronunciando apertamente il suo "no", imbocca la strada difficile che lo condurrà a diventare un eroe della Resistenza. Un combattente mite, integerrimo e irriducibile che non imbraccerà mai le armi. Mentre l'Europa è travolta dalla marcia trionfale dei fascismi, questo giovane intellettuale formidabile prende posizione contro il mondo servile che lo circonda e la follia del secolo. Fonderà la casa editrice Einaudi, organizzerà la dissidenza e creerà la sua amata famiglia a dispetto di ogni persecuzione. Questa è la sua storia vera dal giorno della sua cacciata dall'università fino a quello in cui è ucciso in carcere. Nel racconto rigoroso e appassionato con il quale Scurati le rievoca, accanto a quella di Leone e Natalia Ginzburg, scorrono però anche le vite di Antonio e Peppino, Ida e Angela, i nonni dell'autore, persone comuni nate negli stessi anni e vissute sotto la dittatura e le bombe della Seconda guerre mondiale. Dai sobborghi rurali di Milano convertiti all'industria ai vicoli miserabili del "corpo di Napoli", di fronte ai fucili spianati, le esistenze umili di operai e contadini, artisti mancati e madri coraggiose entrano in risonanza con le vite degli uomini illustri. Accostando i singoli ai grandi eventi, attraverso documenti, fotografie e lettere, ricordi famigliari e memoria collettiva, Antonio Scurati resuscita il nostro passato; è un racconto avvincente e insieme commovente in cui si stagliano figure esemplari con il loro lascito inestimabile e quelle di persone comuni, fino a scoprirne la profonda comunanza: le nascite e le morti, i libri e i figli, le case abitate o evacuate, la vita privata che per tutti si attiene a una medesima trama elementare, in cui risuonano fatti memorabili e trascurabili e in cui la "grande storia" incontra le storie di noi tutti.

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L'ULTIMO ARRIVATO

Marco Balzano

Sellerio 2014 pag. 205








"Negli anni Cinquanta a spostarsi dal Meridione al Nord in cerca di lavoro non erano solo uomini e donne pronti all'esperienza e alla vita, ma anche bambini a volte più piccoli di dieci anni che mai si erano allontanati da casa. Il fenomeno dell'emigrazione infantile coinvolge migliaia di ragazzini che dicevano addio ai genitori, ai fratelli, e si trasferivano spesso per sempre nelle lontane metropoli. Questo romanzo è la storia di uno di loro, di un piccolo emigrante, Ninetto detto pelleossa, che abbandona la Sicilia e si reca a Milano. Come racconta lui stesso, "non è che un picciriddu piglia e parte in quattro e quattr'otto. Prima mi hanno fatto venire a schifo tutte cose, ho collezionato litigate, digiuni, giornate di nervi impizzati, e solo dopo me ne sono andato via. Era la fine del '59, avevo nove anni e uno a quell'età preferirebbe sempre il suo paese, anche se è un cesso di paese e niente affatto quello dei balocchi". Ninetto parte e fugge, lascia dietro di se' una madre ridotta al silenzio e un padre che preferisce saperlo lontano ma con almeno un cenno di futuro. Quando arriva a destinazione, davanti agli occhi di un bambino che non capisce più se è "picciriddu" o adulto si spalanca il nuovo mondo, la scoperta della vita e di se'. Ad aiutarlo c'e' poco o nulla, forse solo la memoria di lezioni scolastiche di qualche anno di Elementari. Ninetto si getta in quella città sconosciuta con foga, cammina senza fermarsi, cerca, chiede, ottiene un lavoro. E tutto gli accade come per la prima volta...

VINCITORE PREMIO CAMPIELLO 2015

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LO HOBBIT


J.R.R. Tolkien

Bompiani 2013 pag. 410

(usato)







"Camminavano in fila indiana. L'avvio del sentiero era una specie di arcata che portava a una tetra galleria fatta da due grandi alberi che convergevano, ormai troppo vecchi e strangolati dall'edera e ricoperti di licheni per poter reggere più di poche foglie annerite. Il sentiero era stretto e serpeggiava in mezzo ai tronchi. Ben presto la luce all'ingresso fu come un piccolo foro luminoso molto lontano, e il silenzio era così profondo che i loro passi sembravano risuonare sordi sul terreno e tutti gli alberi piegarsi sopra di loro per ascoltare.
Quando gli occhi si furono abituati alla penombra, riuscirono a vedere per un certo tratto ai due lati del sentiero attraverso una sorta di chiarore verde scuro. Di tanto in tanto un esile raggio di sole che aveva la fortuna di infiltrarsi dove le foglie erano più rade lassù in alto, e la fortuna ancor più grande di non venire imprigionato dai grossi rami aggrovigliati e dai ramoscelli avviluppati più in basso, trafiggeva l'oscurità spiovendo esile e vivido. Ma questo accadeva di rado e presto cessò del tutto..."
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ANIME DI VETRO


Maurizio De Giovanni

Einaudi 2015 pag. 394






"Il maggiore Manfred Kaspar von Brauchitsch alzò gli occhi verso il cielo e inalò una profonda boccata d'aria. Gli occhi e il naso, coinvolti nell'operazione, gli diedero risposte inattese. Gli uni non videro le stelle, nonostante fosse sera, per l'illuminazione ravvicinata dei lampioni ai lati della stretta via; l'altro restituì, invece della dolce aria profumata caratteristica del momento di passaggio tra l'estate e l'autunno, un aroma misto di aglio, cipolla e verdure cotte che proveniva da una piccola trattoria all'angolo della strada. Del resto le orecchie, se fossero state interrogate, gli avrebbero confermato che si trovava vicino a un posto dove si poteva mangiare qualcosa rimandandogli il frastuono di musica e canto stonato degli ubriachi che stazionavano fuori dal localino, fumando e ridendo.
Il maggiore, divertito, scosse il capo, pensando per la centesima volta in due giorni a quanto quella strana, disordinata, allegra città fosse diversa dalla sua Prien. Eppure si trattava di due sud, rifletté. La Baviera e l'Italia meridionale, che però differivano tra loro proprio come la Germania e quella nazione forte e piena di speranza in cui si trovava adesso."