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Matteo Righetto
Guanda 2013 pag. 153
"I primi raggi di sole iniziarono a filtrare obliqui attraverso i rami degli abeti e si appoggiano tiepidi sul viso del ragazzo. Dalla terra scura e dal muschio verde ai lati del sentiero iniziarono a sollevarsi veli bianchi di umidità. Il sottobosco colpito dal sole cominciò a respirare e risvegliarsi, stiracchiando gli arbusti e le radici dei rovi. Fringuelli e ciuffolotti, cince e usignoli cantano più forte, rincorrendosi con voci e richiami sempre più chiari e vividi.
La fragranza del pino mugo che si diffondeva nell'aria fece tornare in mente a Domenico il profumo della pelle chiara di sua mamma, quando da piccolo lo sollevava e lo stringeva al petto. Il sentiero saliva nel bosco e lui, tenendo lo sguardo a terra fisso sulle punte degli scarponi che alternavano il passo affaticato, pensava a lei in continuazione.
La rivedeva mentre rammendava i suoi vestiti sdruciti dopo un ruzzolone o mentre falciava il prato con la pelle arrossata dall'estate e i capelli legati dietro la nuca. Gli mancavano il suo sorriso, le sue dita, le sue guance calde. E ogni mattina, dopo ogni risveglio, gli mancava il latte scaldato da lei. Perché quando era lei a versarlo nella scodella, il calore di quel latte era diverso da tutti gli altri. Era un altro caldo. E nessun latte in nessuna scodella era stato uguale a quello, dopo che lei se n'era andata."
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