" I DISCORSI PIU' VERI SONO QUELLI CHE FACCIAMO PER CASO, TRA SCONOSCIUTI."

Cesare Pavese Dialoghi con Leucó

COME DIO COMANDA
di Ammaniti Niccolò
Ed. La Biblioteca di Repubblica 
2009
pag. 453









"Cristiano Zena era nel suo letto, sepolto sotto tre strati di coperte, e ascoltava la tempesta. Appena chiudeva gli occhi gli sembrava di essere nella cuccetta di un transatlantico al centro di un uragano. La pioggia batteva contro i vetri della finestra e gli infissi scricchiolavano spinti dal vento. Dal davanzale colava dentro la stanza un filo d'acqua e in un angolo del soffitto si era allargata una macchia scura e ogni uno, due, tre , quattro, cinque secondi cadeva una goccia facendo un bel PLIC.
Avrebbe dovuto alzarsi e mettere un secchio e arrotolare uno straccio e poggiarlo sul davanzale per fermare la pioggia, ma aveva così sonno..."

"Era riuscito a entrare a metà della prima ora. La prima scusa che gli era passata per il cervello era che a casa per il freddo si era rotto un tubo dell'acqua e siccome suo padre era al lavoro aveva dovuto aspettare l'idraulico. La professoressa d'Italiano aveva fatto finta di crederci. Da un po' di tempo Cristiano aveva notato che i professori non gli rompevano più di tanto i coglioni. E lui sapeva il perché. Qualche mese prima a tutti quelli delle terze avevano fatto compilare un questionario in cui si chiedeva quale liceo o istituto avevano intenzione di frequentare dopo l'esame. Cristiano aveva tracciato una X grossa come una casa sull'ipotesi di sospendere gli studi. E nelle tre righe di motivazione aveva scritto: perché non mi va di studiare che tanto non serve a niente e voglio lavorare con mio padre.
Da quel giorno, come per magia, era diventato invisibile come Sue, la donna dei Fantastici Quattro. Ora i bastardi lo interrogavano raramente e se non andava a scuola, amen.
La X che lui aveva segnato su quel foglio, loro gliela avevano segnata in fronte."

CAVALCANDO L'ONDA DELLA VITTORIA CONTRO LA SCOZIA...

RUGBYLAND viaggio nell'Italia del rugby
di Ragona Andrea e Gamberini Gabriele
Ed. BeccoGiallo
2013
pag. 237


Prefazione di Claudio Bisio.
Con le regole spiegate dal mediano della Nazionale Edoardo Gori.





" - Ma tu giochi a rugby? -
- Si, ci ho sempre giocato. Adesso gioco in una squadra amatoriale, i Torelli. -
- Anche a me sarebbe sempre piaciuto provare, ma dove sono nato io, a Bolzano, non c'erano squadre, e quando sono arrivato a Padova ero ormai troppo vecchio per cominciare a giocare. -
- Bè, vieni ad allenarti con noi. La squadra è nata per questo, per avvicinare al rugby chi si sente troppo vecchio per iniziare a giocare in una squadra seria. Dai, segnati il numero. - 
- Come hai detto che si chiama, la squadra? -
- Torelli. Per dirla tutta, il nome completo è Torelli Sudati, ma siccome mi vergogno dico sempre Torelli. -
Come dargli torto. Una volta, al pronto soccorso per una distorsione, il medico, dall'altra parte della stanza, mi ha urlato: - Hai detto che giochi a rugby? E in che squadra giochi? - E io, gonfiando il petto: - Nei Torelli Sudati di Padova! -
Nella stanza di fianco, gli altri malcapitati hanno cominciato a ridere così forte che gli infermieri sono accorsi per capire de dove venisse una vitalità che in pronto soccorso non si vedeva da tempo."


"C'è una decina di luoghi comuni sul rugby. Uno di questi è che tutti i giocatori hanno la stessa importanza. 
Ancora una balla. Sì è vero che tutti i giocatori sono importanti, però ce n'è uno che non si può sostituire, il mediano di mischia. Senza mediano di mischia, semplicemente non si può giocare. E' insieme cervello e cordone ombelicale. Cervello perché gli avanti, i giocatori che vanno dal numero 1 al numero 8, altrimenti noti fra i rugbisti con il soprannome di ciccioni (una categoria di pensiero più che un indicatore di stazza), in campo non possono permettersi di pensare. Il continuo andare a sbattere, spingere nelle ruck, placcare, consuma così tanto ossigeno che è impossibile ragionare con lucidità. E allora i ciccioni hanno bisogno di un cervello, il mediano di mischia. Che sta lì a indirizzarli, a spostarli come pedine preziose, a decidere se fare oppure rimandare un raccogli e vai. Oppure, quando questi sono ormai esausti dopo una serie infinita di fasi di gioco, può decidere di passarla all'altro mediano per fare giocare i trequarti. I trequarti, chiamati dai ciccioni - coloro che giocano con quelli che giocano a rugby -, di solito fanno due cose: o vanno in meta prendendosi una generosa fetta di gloria, oppure fanno cadere la palla in avanti, costringendo i ciccioni a una nuova e faticosa mischia ordinata."