L'INCREDIBILE VIAGGIO DEL FACHIRO CHE RESTO' CHIUSO IN UN ARMADIO IKEA
Puertolas Romain
Ed. Einaudi
2014
pag.215
"La prima parola che pronunciò l'indiano Ajatashatru Lavash Patel arrivando in Francia fu una parola svedese.
Ikea.
Ecco cosa disse a mezza voce.
Poi chiuse la portiera della vecchia Mercedes rossa e aspettò, con le mani appoggiate sulle ginocchia setose, come un bravo bambino. Il tassista, che non era sicuro di aver capito bene, si girò verso il cliente, facendo scricchiolare le palline di legno del coprisedile. Dietro vide un uomo sulla quarantina, alto, secco e nodoso come un albero, con il viso olivastro e baffi giganteschi. Le sue guance scarne erano tutte cosparse di buchini, postumi di un'acne virulenta. Aveva molti anelli alle orecchie e alle labbra, come se avesse voluto chiudersele dopo l'uso, tipo zip. - Bel sistema! -, pensò Gustave Palourde, a cui sembrava una fantastica soluzione per l'incessante chiacchiericcio di sua moglie."
"Quando i reattori furono a piena potenza e l'aereo decollò, Ajatashatru capì subito: 1) che si trovava su un aereo; 2) che la valigia in cui si era nascosto non era un bagaglio in arrivo, come credeva, ma in partenza.
Per essere uno che prima non aveva mai viaggiato gli sembrò che dal giorno precedente il destino stesse recuperando alla grande. Si suol dire che viaggiare è educativo per i giovani: al ritmo a cui viaggiavo lui, ben presto sarebbe ridiventato un neonato, ammesso che un armadio e una valigia fossero i mezzi di trasporto più indicati per rimanere giovani. Non ne era sicuro, con tutti i doloretti e i mal di schiena che comportavano."
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