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Mauro Covacich
Bompiani 2014 pag. 185
"Avanzo a quattordici all'ora nel primo buio del pomeriggio. Tre passi al secondo, duecentoquaranta metri al minuto, quattordici chilometri all'ora. E' la mia velocita' di crociera e in questo punto senza marciapiedi sento nitido il metronomo delle scarpe sul ghiaino. Esco a correre ogni sera e ogni sera la corsa entra in me. Lava tutto quello che la giornata ha imbrattato. Scorre dentro e lucida le pietre dei pensieri piu' grossi. E' un fiume che bevo per intero, con l'umidita', il fumo delle macchine, la puzza dei concimi. Prima di guadagnare l'aperto della campagna devo fronteggiare ancora qualche minuto di traffico. Fronteggiare e' proprio la parola che cercavo, perche' corro in senso contrario alla direzione di marcia, andando incontro agli anabbaglianti, offrendo la faccia e le righe catarifrangenti della pettorina al mondo che rientra. Sul mio stesso lato si avvicina una sagoma complessa. Individuo in controluce un cane al guinzaglio, una donna non giovane, mi pare, e qualcosa come una bacchetta o un frustino. La sagoma cammina in modo scomposto, sembra una macchia di Rorschach in movimento nell'alone lattiginoso dei fari, ma e' chiaramente una signora a passeggio col cane. E' strano solo quel frustino, un tocco agreste, mandriano, in mezzo all'urbanissimo caos di viale Grigoletti. Per frustare chi, cosa? La donna e' vecchia, adesso lo vedo bene, e impugna forse l'unico reperto fossile di tutto cio' che e' stata. Solo il gesto e' rimasto, dell'era delle vacche. Non le vacche, non la casa con la stalla. Anche il cane, smilzo, anfetaminico, non e' certo un cane pastore. Quei due sono scesi da un appartamento qui intorno. Siamo tre cose fuori posto su questo bordo strada. Senza contare la bacchetta..."
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